mercoledì 30 settembre 2015

Bullismo: cos'è e come si manifesta.


Di Silvia Mauro

Oggi il bullismo rappresenta un problema sempre più diffuso che si manifesta in modi nuovi e invadenti, come ad esempio attraverso Internet (Cyberbullismo).
Il termine bullismo deriva dall'inglese Bullyng, termine che indica un comportamento vessatorio, aggressivo e intimidatorio.
Questi comportamenti sono attuati solitamente dall'età scolare, periodo in cui si intensificano i rapporti con i pari e in cui il gruppo svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo della propria identità.
i bambini infatti a questa età, intensificano le relazioni con i coetanei e trovano in essi un confronto reale, in cui non si viene accettati aprioristicamente (come può succedere in famiglia) ma è necessario trovare delle giuste modalità di interazione per affermare la propria identità all'interno del gruppo.
I bulli, tuttavia, manifestano modalità di interazione coercitive, di imposizione della propria volontà sugli altri, non tollerano le frustrazioni date dal confronto con gli altri e l'unico modo che hanno di affermare se stessi è attraverso la forza.
Il bullismo per essere definito tale deve essere caratterizzato da azioni intenzionali (il bullo volontariamente vuole recare un danno alla vittima); queste azioni devono essere sistematiche, cioè ripetute nel tempo; e ci deve essere un'asimmetria di potere (la vittima è solitamente un bambino fisicamente più esile, con caratteristiche psicologiche "fragili").
Vorrei sottolineare inoltre, come le azioni di offesa verso la vittima possono essere  dirette (fisiche e verbali) o indirette.
Questo particolare tipo (indiretto) è caratterizzato da calunnie, isolamento sociale, pettegolezzo, coalizioni tese a svalutare la vittima. Esso è più frequente tra le femmine, mentre i maschi tendono ad usare azioni dirette fisiche o verbali.
Inoltre, esistono dei sostenitori dei bulli, che nonostante non agiscano direttamente partecipano comunque a queste azioni arrecando danno alla vittima.
Sia i bulli che le vittime, hanno alla base un problema di riconoscimento delle emozioni; i bulli spesso presentano mancanza di empatia, le vittime invece, non riescono a leggere le emozioni negative nel bullo e quindi non riescono a prevenire eventuali attacchi.
Gli atti di bullismo, come dimostrano i casi di attualità, possono diventare molto pericolosi.
Per questo è importante riconoscerli ed intervenire preventivamente a livello scolastico e familiare attraverso dei programmi di prevenzione e di educazione socio-affettiva.

martedì 29 settembre 2015

Salute e tratti di personalità





Come promesso, riprendo il tema della salute e del benessere psico-fisico.
Abbiamo visto come sia importante per il "benessere" avere determinate caratteristiche psicologiche e  risorse individuali che ci permettano di condurre una vita "felice".
Nel post precedente avevo introdotto brevemente l'argomento.
(per approfondimenti http://silviamauro.blogspot.it/2015/09/benessere-psicologico.html)
Ovviamente queste caratteristiche sono in parte innate, ma in parte apprese, quindi chiunque di voi stia pensando di non possederle, è sempre in tempo a mettere in atto delle strategie mirate al cambiamento.
Esistono, infatti, dei tratti di personalità  "protettivi" nei confronti della salute e  dei tratti definiti "personalità a rischio" in cui si è riscontrato una maggior associazione con determinate patologie.
Per quanto riguarda le personalità a rischio ne presenterò di seguito due, la personalità detta di "tipo A" e la personalità detta di "tipo C".

  •  Le personalità  di "tipo A" si caratterizza per l'elevata competitività, forte bisogno di riuscita, impazienza, irritabilità, rapidità di eloquio, movimento e ostilità e sono spesso associate a malattie coronariche (Friedman e Rosenman 1959).La rabbia e l'ostilità, in particolare, sono spesso associate a bassa longevità, questo anche perchè l'ostilità attiva il sistema nervoso simpatico la cui attività si ripercuote sul sistema cardiovascolare (Smith e Spiro, 2002).
  • La personalità definita di "tipo C" è caratterizzata dalla tendenza a reprimere le emozioni e da un alto grado di conformismo e compiacenza, essa sembrerebbe associata a diverse forme di patologia oncologica ( Miller et all. 1996).

Per quanto riguarda i "fattori protettivi" per la salute,  la coscienziosità risulta essere uno di questi. Essa è un tratto positivo in quanto permette uno stile di vita sano e longevo.
Questo è anche dovuto al fatto che le persone che presentano coscienziosità, si astengono da quei comportamenti a rischio come ad esempio l'abuso di sostanze o di alcol, hanno uno stile di vita e delle abitudini salutari e inoltre godono spesso di un riconoscimento sociale che gli permette di sviluppare una buona autostima e un'immagine positiva di sè (Bogg e Roberts 2004).
Da quanto detto risulta quindi evidente come i tratti caratteriali uniti allo stile di vita, siano dei fattori predittivi dello stato di salute.
Si può dunque giungere alla conclusione che per stare bene sia necessario avere uno stile di vita sano, dato dalle corrette abitudini alimentari, dall'attività sportiva, dall'astensione da fumo e alcol ecc..., ma che esso tuttavia derivi a sua volta dai nostri tratti di personalità, da nostri stili attributivi e cognitivi.
Allora per stare bene bisogna lavorare contemporaneamente sulle cognizioni e sui comportamenti legati ad esse.
Il lavoro psicologico può aiutare ad attuare il cambiamento per favorire la salute, esso può favorire l'acquisizione di strategie che ci potranno permettere di stare bene con se stessi, con il proprio corpo e con la propria mente.

Silvia Mauro




lunedì 28 settembre 2015

DSA e vissuti emotivi.




In questo post voglio presentarvi un tema molto attuale di cui sicuramente avrete già sentito parlare: I Disturbi specifici dell'apprendimento (DSA).
Essi sono disturbi del neurosviluppo che riguardano le capacità di lettura, scrittura e calcolo.
Oggi i DSA rappresentano uno dei problemi più rilevanti con cui si confrontano bambini e famiglie ma anche altre figure professionali come: neuropsichiatri, logopedisti, psicologi, insegnanti e altri.
Attualmente bambini in età scolare con sintomatologie che si avvicinano ai DSA sono presenti nella maggior parte delle classi primarie e si stima che vi sia una presenza di tali disturbi del 3-4% della popolazione scolastica.
Quello su cui mi voglio soffermare in questo post è il vissuto emotivo di questi bambini  e l'importanza del supporto familiare
I  bambini con DSA presentano spesso problemi emotivi legati alla rabbia, all'immagine di sé; essi hanno un alto rischio di depressione.  Questa  sofferenza psichica  si ripercuote anche sul sistema familiare.
Le reazioni dei genitori di fronte a questa diagnosi possono essere di negazione del disturbo e quindi attribuire lo scarso rendimento scolastico all'impegno non adeguato del figlio.
Oppure possono rivivere vissuti passati ( visto che i DSA sono ereditari) e quindi rivivere i propri insuccessi scolastici, scatenando forti emozioni che potranno interferire con le abilità familiari;
è importante quindi il coinvolgimento familiare nel percorso di presa in carico del bambino.
 I bambini con DSA presentano problemi emotivi legati al loro stile attributivo che tende ad essere“impotente” (“non sono portato a fare quella cosa e non ci provo neanche)” oppure  “pedina” (stile fatalistico che ritiene che le cose vadano come devono andare). I bambini con questi stili non traggono beneficio ne dai successi (attribuiti alla fortuna) ne dagli insuccessi (“non dipendono da me”).
Entrambi questi stili hanno come risultato il poco impegno e quindi la conseguenza sarà l'insuccesso.
Questi bambini presentano anche bassa autoefficacia (percezione delle proprie abilità nell'affrontare un compito) che quindi li porterà ad avere una bassa autostima e di conseguenza problemi nelle relazioni con i coetanei.
La famiglia, i servizi e la scuola dovranno lavorare proprio su questi aspetti per riuscire a prevenire i problemi legati all'autostima.
L'intervento riabilitativo deve essere condotto precocemente ( dalla scuola elementare) ed esso prevede un programma mirato che definisce le aree di intervento, gli obiettivi, i tempi e le modalità di somministrazione degli interventi, specificando anche gli operatori coinvolti.
 Inoltre, è importante che essi abbiano a disposizione  degli strumenti compensativi quali audiolibri, libri digitali, strumenti informatici ecc...che permettono un apprendimento più adeguato alle loro necessità.
Per quanto riguarda  il lavoro sulle emozioni, esso risulta necessario in particolare per prevenire eventuali fobie scolari nate dagli insuccessi scolastici e quindi favorire una visione positiva della scuola.
Può essere utile un'impostazione metacognitiva basata sull'idea che gli studenti debbano riflettere sulle proprie motivazioni e strategie per poterne trovare una loro.
In questo percorso svolge un ruolo fondamentale la famiglia.
All'interno di un contesto bio-psico-sociale, risulta fondamentale il ruolo della famiglia .
Essa, svolge un ruolo di supporto all'apprendimento scolastico, in quanto le aspettative genitoriali guidano la motivazione e quindi l'apprendimento del bambino..
La famiglia è uno strumento importante in quanto i genitori sono le persone più competenti ed informate sul proprio figlio, per questo è importante un coinvolgimento di questa nel processo diagnostico, riabilitativo e terapeutico.
Il lavoro con la famiglia sarà quello di accettazione della diagnosi in modo da essere un supporto e permettere al bambino l'accettazione e la consapevolezza per poter trovare dei suoi strumenti che gli permetteranno di compensare le sue carenze ed evidenziare i suoi punti di forza.

Di Silvia Mauro



Benessere psicologico

Voglio parlare di come sia possibile condurre una vita "positiva", in cui il raggiungimento della felicità sia possibile attraverso il benessere psicologico.
Ora, non voglio dilungarmi sul concetto di felicità, essendo questo soggettivo e sottoposto a lunghe trattazioni filosofiche.
Quindi diciamo che parlerò di benessere, inteso come percezione positiva di sè, in cui intervengono fattori Psicologici, biologici e sociali.
La psicologia positiva, ha cercato di individuare quali siano i fattori in grado di valutare la qualità della vita, e lo ha fatto secondo una prospettiva del ciclo di vita (Baltes) secondo cui l'individuo per tutta la vita va incontro a cambiamenti e ridefinizioni di sè.
Secondo questa prospettiva i cambiamenti comportano un continuo adattamento che è dato da risorse individuali ma anche dal contesto sociale e familiare in cui si è inseriti.
Dunque la psicologia positiva si interessa proprio di individuare le "virtù" che bisogna avere per affrontare in modo positivo questi cambiamenti e lo fa promuovendo le risorse, le potenzialità e le motivazioni, senza negare, tuttavia, le disfunzionalità e il disagio.
Il benessere, tuttavia, può essere soggettivo (opinioni su di sè) o oggettivo (stato di salute, ricchezza ecc..) diventa quindi difficile dare una definizione univoca di esso.
Quello su cui mi concentrerò adesso è il benessere psicologico, che risiede nelle proprie capacità di adattamento e di autorealizzazione, di spinta motivazionale, e autostima, di autoefficacia ed empowerment.
Diversi autori hanno cercato di definire delle dimensioni di benessere soggettivo, come ad esempio quelli individuati da Ryff: la crescita personale (essere aperti a nuove esperienze), L'autonomia (Capacità di resistere alle pressioni sociali), l'autoaccettazione (riconoscere e accettare le proprie qualità) le relazioni positive con gli altri, avere il dominio sull'ambiente (Senso di padronanza e di gestione del proprio ambiente) scopo di vita (avere una direzione).
Ovviamente tali fattori sono inseriti in un contesto più ampio multidimensionale di benessere, in cui intervengono fattori sociali, biologici e psicologici.
Da non dimenticare poi, come sia fondamentale uno stile di vita e delle abitudini comportamentali sane.
Ma di questo ne parlerò in modo più approfondito nel prossimo post.

Silvia Mauro

Bibliografia
De Beni R. (2009)"Psicologia dell'invecchiamento". Il mulino.

Società fluida e ripercussioni sulla nostra identità .

Oggi vorrei affrontare il tema dei cambiamenti sociali.
Questo penso sia un tema vicino a tutti giovani e non, in quanto la società moderna ha portato con se dei cambiamenti su cui tutti ci interroghiamo e che sono di discussione quotidiana in ogni contesto.
In particolare la nuova precarietà ha portato ad un cambiamento identitario che coinvolge tutti direttamente e indirettamente.
Il tema dei cambiamenti sociali è spesso oggetto di discussione, oggi infatti la società muta rapidamente richiedendo un continuo adattamento psicologico e sociale.
La globalizzazione e la grande flessibilità richiesta dalla società, hanno alimentato paure e tensioni sociali, ma anche nuove opportunità per i soggetti (come la possibilità di tenere aperte più strade contemporaneamente) e per le organizzazioni, anche se non sempre queste aperture vengono riconosciute come opportunità.
A livello organizzativo, la globalizzazione, comporta maggior competitività, concorrenza internazionale e nuove opportunità di investimento, ma a livello sociale, si sta traducendo in una crisi delle solidarietà tradizionali e della coesione sociale, con una nuova necessità di ricomposizione sociale.
Kaneklin e Gozzoli sottolineano che i concetti di confine, distanza e tempo sono sempre più evanescenti; ognuno fa parte di una comunità estesa nella quale è più facile comunicare e tutto può circolare liberamente, ma tuttavia diventa più difficile trovare un punto di riferimento.
Un esempio pratico è l'utilizzo sempre più intensivo di internet e de social network, con una conseguente illusione di essere inseriti in un contesto sociale “virtuale” che non permette di trovare dei riferimenti stabili.
Questi cambiamenti hanno come conseguenza l'aumento della paura di ciò che è sconosciuto e diverso “Altro da noi” e quindi ignoto.
La paura porta al rifiuto e quindi alla nascita di discriminazione ed episodi di razzismo.
Il sociologo Bauman, ha trattato con molta accuratezza il tema dei cambiamenti sociali, definendo la società di oggi come “Società Liquida” proprio per sottolineare la flessibilità di quest'ultima.
L'epoca passata (società solida) era caratterizzata da regole solide, sicure che comportavano vantaggi e svantaggi dati dall'eccessiva rigidità.
Oggi, la vita sociale è caratterizzata da frammentarietà; i valori, i legami sociali, le storie di vita ecc.. , assumono una consistenza duttile di una sostanza fluida.
Gli individui vivono nell'incertezza, nell'instabilità che genera piacere e angoscia allo stesso tempo.
I contesti socio-lavorativi, richiedono continui “aggiustamenti” dati da un'estrema flessibilità e adattabilità al cambiamento.
Questo implica una continua rinegoziazione dei ruoli assunti nella società con un conseguente aggiustamento della propria identità che muta insieme ad essi.
Come sappiamo la nostra identità è data da molti aspetti, tra cui quello sociale (Tajfel “identità sociale”) allora risulta evidente che un continuo cambiamento della società, implica un continuo mutamento della nostra identità.
Nella società liquida prevalgono quelle che Bertman, citato in “Vite di corsa”, ha definito “cultura dell’adesso”e “cultura della fretta” che insieme mettono in crisi anche le dimensioni costitutive più intime della personalità e del comportamento, come le aspirazioni e le potenzialità di costruirsi,  di aderire a principi e obiettivi di autoregolazione e soddisfazione, di instaurare relazioni interpersonali gratificanti e portatrici di un equilibrio emotivo non effimero.
Per alcuni soggetti, le richieste che arrivano da un nuovo contesto sociale e dal lavoro, possono rappresentare una spinta all'innovazione e al cambiamento, per altri invece risulta un percorso faticoso di continuo adattamento evidenziando quindi le loro debolezze con un conseguente ripiegamento su ciò che è rassicurante, quindi punti fermi e stabili; ciò li porta ad un ripiegamento su se stessi e all'isolamento.
Le conseguenze dei cambiamenti si ripercuotono sui soggetti, coinvolgendo l'aspetto lavorativo, familiare e individuale e tra le conseguenze più importanti ci sono l'impossibilità di prevedere e pianificare il futuro, l'impossibilità di assumere dei rischi “calcolati” e la fatica a produrre una narrazione lineare di sè e dalla propria storia, come ad esempio a livello lavorativo, dove non si trovano più carriere lineari ma carriere multiple che comportano una frammentarietà nella propria storia.
Bauman ha sottolineato che “siamo condannati a vivere in un'incertezza permanente” che è causa ed effetto di precarietà emozionale, instabilità relazionale e valoriale.
Infatti in questo scenario, anche le relazioni appaiono instabili e a “tempo determinato”; le relazioni sono investite da questo diffuso sentimento di precarietà che porta gli individui a non progettare più non solo la propria carriera ma anche le proprie relazioni, con una conseguente ricaduta sulla famiglia.
In questo contesto è importante interpretare continuamente i cambiamenti ed essere consapevoli delle conseguenze che essi hanno sulla propria identità e sulla propria storia.
É necessario sviluppare un pensiero aperto alla flessibilità, in grado di tollerare l'incertezza e dare un senso alla propria narrazione.
Può essere d'aiuto mantenere delle relazioni stabili all'interno dei gruppi (sportivi, artistici, amicali ecc..) per non sperimentare un senso di isolamento e angoscia che oggi pervade sempre di più le vite dei soggetti.
Silvia Mauro.

Bibliografia:
Kaneklin C. e Gozzoli C. (2010) “Identità adulta al lavoro e cultura della flessibilità.” In E. Marta e C. Reaglia (a cura di), “Identità in movimento. La relazione con l'altro e la costruzione di un'identità adulta alla luce di nuove sfide sociali”, Roma, Carocci.
Bauman Z. (2002). “Modernità liquida”, Roma-Bari, Laterza.

Sennet R. (1999), “L'uomo flessibile”, Milano, Feltrinelli.