giovedì 15 ottobre 2015

La psicoterapia e i cambiamenti neuronali.







Questo post è dedicato non solo a coloro che "non credono" nella psicoterapia, ma anche a tutte quelle persone che, pur credendo nell'efficacia di questa, non credono che il cambiamento che essa apporti sia tangibile.

Ebbene la scienza ed in particolare le Neuroscienze, ci hanno permesso oggi di verificare a livello tangibile quali cambiamenti comporti la Psicoterapia a livello neuronale.

Le Neuroscienze hanno dimostrato, infatti, che i processi di apprendimento e memoria, in seguito ad esperienze ambientali ed interpersonali, modifichino la struttura cerebrale.

Come sappiamo, la psicoterapia, produce dei cambiamenti a livello cognitivo e comportamentale, questi cambiamenti sono dovuti ad un processo di apprendimento, di nuovi pensieri e comportamenti, dato dall'interazione e quindi dalle esperienze.
Tali esperienze vengono registrate nelle reti neuronali che formano il cervello (questi cambiamenti sono possibili grazie ad una caratteristica dei neuroni detta Plasticità neuronale), quindi le nostre esperienze modificano il cervello a livello fisico ed ognuno di noi avrà diverse dimensioni, numero di neuroni, numero di connessioni neuronali ecc...

Un esempio pratico di plasticità neuronale?
Ad esempio è stato visto come i guidatori di Taxi Londinesi abbiano l'ippocampo (importante per la memoria e la ricerca visuo-spaziale) più sviluppato rispetto a chi non guida i taxi!

Allora, risulta ovvio come, anche la Psicoterapia, soprattutto quella mirata a produrre dei cambiamenti cognitivi e comportamentali, vada a modificare la nostra struttura neuronale, proprio perchè biologicamente il nostro cervello è predisposto al continuo cambiamento questo grazie a questa sorprendente caratteristica (plasticità neuronale) che fa sì che ognuno di noi, in base alle proprie esperienze sviluppi determinate aree piuttosto che altre.

Allora ancora convinti che la psicoterapia non funzioni?


martedì 13 ottobre 2015

"Scelte in conflitto".






Di Silvia Mauro

Chi di voi di fronte ad una scelta (lavorativa, di percorso di studi, privata....) si è sentito in conflitto con i propri pensieri che risultavano opposti ma di uguale intensità? 

Oggi cercherò di spiegare brevemente cosa avviene nella nostra mente in queste circostanze.

Una delle teorie più conosciute in questo ambito è quella di Kurt Lewin, in ambito Gestaltico, che ha formulato una teoria del conflitto definendo questo come un processo individuale in cui l'individuo si trova quando è messo di fronte a due forze contrapposte ma di uguale intensità.

Un esempio pratico si può trovare nei momenti di scelta, in cui l'individuo deve "pesare" quali elementi, per compiere la scelta, abbiano più rilevanza. Se tutti hanno lo stesso peso ma vanno in due direzioni opposte ecco che nasce il conflitto.
Vi sono, tuttavia, diversi tipi di conflitto alcuni più semplici da risolvere ed altri più difficili.

Ad esempio un tipo di conflitto più "innocuo" è quello di tipo attrazione-attrazione in cui la scelta da compiere è tra due situazioni ambite nello stesso modo, la scelta, tuttavia, risulta difficile in quanto implica la rinuncia ad una delle due opzioni. 
Il rischio è" l'immobilità": non si compie nessuna delle due scelte per paura di sbagliare.
La soluzione è compiere una scelta esaltandola e denigrando l'opzione scartata (questo permette la risoluzione del conflitto).

Un altro tipo di conflitto è quello di tipo attrazione-avversione in cui la scelta da compiere è verso un oggetto che ha sia caratteristiche attraenti che repulsive.
Per fare un esempio attuale: scegliere di fare un lavoro gratificante, ma mal retribuito. 
il soggetto posto di fronte a questa scelta ha paura di avvicinarsi, ma ricevendo così un danno, oppure allontanarsi e rinunciare così alla componente positiva. Anche in questo caso il rischio è la sospensione della decisione.

Vi sono poi altri tipi di conflitto come ad esempio quello tra due tendenze avversative, in cui entrambe le opzioni sono negative e si sceglie quella che comporta meno sacrifici; oppure quello tra più tendenze appetitive e avversative in cui gli oggetti evocano contemporaneamente avversione e attrazione (ritornando all'esempio del lavoro, l'individuo deve scegliere tra due lavori che hanno sia punti di forza che punti di debolezza).

Ebbene da quanto detto fino ad adesso,  è intuibile come quotidianamente ci troviamo di fronte a delle scelte e dei conflitti. 
Il rischio è tuttavia quello di rimanere "paralizzati" dalle nostre scelte, dalla paura di perdere qualcosa o di avvicinarsi troppo.

I conflitti possono essere di diversa tipologia ed intensità, quello che è importante,  è riuscire a trovare un modo per compiere la nostra scelta e andare avanti nel nostro percorso di crescita che, per fortuna, dura tutta la vita.


lunedì 12 ottobre 2015

Guardie e carcerati: Un esperimento sociale.






Di Silvia Mauro

La psicologia offre importanti spunti di riflessione non solo sull'individuo, ma anche sulle dinamiche sociali.
Oggi voglio presentare un esperimento fatto da Zimbardo negli anni '70 che ha lasciato il segno nella storia della psicologia.

Negli anni'70 Zimbardo, (partendo dal principio di "deindividuazione" nelle folle di Le Bon) voleva comprendere come l'adesione ad un gruppo o ad un ruolo sociale, influenzasse il comportamento al punto da arrivare a facilitare la comparsa di comportamenti antisociali. 

Egli cercò di comprendere questo fenomeno attraverso il suo famoso esperimento delle carceri, in cui reclutò un gruppo di partecipanti e li divise in due gruppi: Guardie e Carcerati.
I partecipanti furono poi portati in una "prigione" allestita nei sotterranei della facoltà di Psicologia di Stanford.
Le celle ospitavano ognuna tre prigionieri che vi restavano tutto il giorno, mentre le guardie avevano turni da 8 ore in gruppi da tre (vi erano degli spazi dedicati solo alle guardie).

Ebbene, dopo solo 6 giorni, l'esperimento fu interrotto in quanto aveva provocato troppo stress ai partecipanti; in breve tempo, infatti, l'ostilità e l'aggressività presero il sopravvento. 
Le guardie diventarono aggressive e prepotenti, maltrattavano i carcerati verbalmente e fisicamente, al punto che molti chiesero di sospendere l'esperimento.

Ma cosa successe durante l'esperimento?

Durante l'esperimento, i partecipanti si immedesimarono talmente tanto nel ruolo da far si che si verificassero alcuni fenomeni come quello della responsabilità condivisa: in cui gli individui, inseriti in un gruppo, "delegano" la responsabilità  delle proprie azioni al gruppo, facendo sì che la messa in atto di certi comportamenti porti meno sensi di colpa, assenza di paura e vergogna.
Questo fenomeno è stato molto studiato in psicologia sociale, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, per cercare di comprendere come gli individui arrivino a commettere certe azioni (tema più che mai attuale).

Ad ogni modo, l'esperimento di Zimbardo fu molto criticato da un punto di vista etico, tuttavia i risultati sono stati fondamentali per comprendere come le dinamiche di gruppo e l'identificazione di ruolo possano portare ad una perdita di responsabilità personale al punto tale da perdere il senso delle conseguenze delle proprie azioni.

Per chi fosse interessato, è stato fatto anche un Film su questo esperimento : "The Experiment";
Mentre per gli amanti della radio consiglio il programma di Carlo Lucarelli (Dee giallo), in cui in una puntata racconta l'esperimento : https://www.youtube.com/watch?v=YvbEKjc__3Y

giovedì 8 ottobre 2015

Motivare al successo










Oggi affronterò il tema della motivazione.

Tutti ne abbiamo sentito parlare e, almeno in generale, sappiamo di cosa si tratta.
Chi non ha mai pensato "ho perso la motivazione" oppure "non sono abbastanza motivato"?
Ebbene oggi vorrei approfondire proprio questo tema, soffermandomi in particolare su quello specifico tipo di motivazione che ci spinge ad avere successo.

Partiamo con una prima definizione di Motivazione: essa è il movente di un comportamento; la spinta a mettere in atto comportamenti mirati al raggiungimento di uno o più obiettivi.
Risulta chiaro, quindi, come per raggiungere un determinato obiettivo, sia fondamentale avere la"giusta" motivazione; che può essere di tipo estrinseco (l'attività viene svolta per ottenere un premio) o  di tipo intrinseco (l'attività viene svolta in quanto sentita come gratificante); quest'ultimo tipo di motivazione è quella più duratura e più importante al fine del raggiungimento di un obiettivo.

La motivazione si forma nell'infanzia, in particolare un tipo di motivazione, quella definita da Mc Clelland, motivazione al successo nasce dall'interazione con le figure genitoriali.

La motivazione al successo consiste nella ricerca di affermazione, di perfezione e di eccellenza.
Chi è spinto da questo tipo di motivazione si pone obiettivi elevati ma realistici come dimostrato da Mc Clelland in un esperimento in cui i bambini erano sottoposti ad un compito che consisteva 
nel gettare degli anelli in un piolo.
Egli osservò come i bambini con bassa motivazione al successo si ponevano ad una distanza o molto ravvicinata (il compito risultava molo semplice) o esageratamente lontana (il compito risultava impossibile).
I bambini con la giusta motivazione al successo, invece, si ponevano ad una distanza intermedia dal piolo, in modo che il compito fosse sufficientemente impegnativo ma non impossibile.

Altri studi si sono interessati a comprendere questo tipo di motivazione, in particolare al rapporto tra questa e la relazione con le figure genitoriali.
Rosen e D'Andrade, hanno evidenziato come i bambini con elevata motivazione al successo, avevano madri che incoraggiavano all'indipendenza e  premiavano le prestazioni con manifestazioni d'affetto.
Bambini con bassa motivazione al successo avevano, invece, madri svalutanti e padri intrusivi che non solo si intromettevano nell'esecuzione del compito del figlio, ma criticavano anche i risultati, irritandosi quando i bambini non riuscivano nel compito.

In conclusione la motivazione è fondamentale nel raggiungimento di un obbiettivo, in particolare quella al successo permette di cercare l'eccellenza ponendosi degli obiettivi realistici ma elevati, quindi permettendo agli individui di avere un'alta probabilità di sperimentare il successo.
Essa si forma nell'infanzia nell'interazione con i genitori che non devono avere aspettative troppo elevate e irrealistiche, ma neanche troppo basse e svalutanti.
E' importante, quindi,  che essi sappiano adeguare le aspettative sulla base dell'individualità dei bambini, conoscendone i limiti ed evidenziando i loro punti di forza, assecondando le loro attitudini e premiandoli, nei momenti opportuni, con manifestazioni d'affetto.

Di Silvia  Mauro

lunedì 5 ottobre 2015

Stress Lavoro-correlato






Oggi, vorrei affrontare un tema non proprio nuovo, ma sicuramente molto conosciuto e sperimentato da molti: Lo stress lavoro-correlato.

Lo stress si può definire come una reazione di adattamento dell'organismo ad una sollecitazione, quindi esso rappresenta una normale risposta fisiologica per favorire le performance.
A livello biologico, esso attiva il sistema nervoso, neuroedocrino e immunitario con modificazioni transitorie su tutti gli organi.

Lo stress solitamente viene visto con un'accezione negativa riferita ad uno stato psicofisico di disagio e tensione.
In giusta misura, però, risulta una risposta adattiva all'ambiente, ma una sua manifestazione intensa e persistente può diventare dannosa per l'organismo.
Questo può avere diverse cause alla base, tuttavia, i fattori psicosociali (come ad esempio i contesti lavorativi) sono una delle più diffuse ed è per questo che quasi sempre la trattazione dello stress viene identificata con questo tipo di cause.

Il dubbio che sorge più spontaneo è: perchè il lavoro è fonte stress?
Le risposte a questa domanda sono molteplici, ad esempio secondo il modello dell'adattamento persona/ambiente, lo stress è dato dal fatto che la persona non riesca ad adattarsi ad un certo ambiente lavorativo. Questo significa che le aspettative, le caratteristiche individuali, il compito di lavoro ecc..., non sono in linea con l'ambiente lavorativo. In questo caso, un buon adattamento si avrà o se la persona cambia (ad esempio abbassando le aspettative) o se cambia l'ambiente (ad esempio fornendo maggior autonomia sul lavoro).

Sono state individuate, inoltre, delle caratteristiche comuni agli stressor (agenti stressanti) legati al lavoro, come ad esempio le esigenze o le pressioni del lavoro ( dover lavorare rapidamente) ed il basso controllo (bassa discrezionalità di decisione) di cui il lavoratore dispone.
Quest'ultimo fattore, in particolare, svolge un ruolo importante in quanto il lavoratore con alta discrezionalità di decisione, ha la possibilità di mettere in campo le proprie competenze.
Quindi, se le esigenze di lavoro sono elevate e la persona ha poco potere decisionale sul proprio lavoro, nasce una tensione che può essere causa di stress (Karasek, 1979).

Un altro modello che si è interessato di comprendere cosa ci sia alla base dello stress lavoro-correlato,  è il modello "sforzi-ricompense"(Siegrist,1996). Secondo questo, gli sforzi dell'individuo, fanno parte di un processo di scambio sociale, al quale il posto di lavoro deve rispondere  attraverso delle ricompense che sono date dal denaro, dalla stima e dalle opportunità di carriera.
Se vi è uno squilibrio tra sforzi e ricompense, allora il lavoro sarà fonte di stress.

Adesso sorge spontanea la domanda: Ma in un momento storico come quello attuale, in cui l'individuo non si sente libero di scegliere il lavoro o di poter cambiare posto di lavoro, come si può far fronte allo stress causato da questa situazione?

Nell'attuale scenario sociale e lavorativo, è necessario più che mai, trovare la risposta nelle risorse individuali (Semmer, 1997), come ad esempio nelle capacità di coping (strategie mentali e comportamentali messe in atto di fronte ad una situazione), capacità di adattare le proprie aspettative e così via.
Queste caratteristiche possono rappresentare dei fattori protettivi nei confronti dello stress, in particolare, la percezione soggettiva che ognuno  ha rispetto all'ambiente, rispetto a se stesso e alle proprie capacità, può influenzare la percezione dello stress.


Come detto precedentemente, le cause dello stress lavoro-correlate sono molteplici, ed in un contesto sociale come quello attuale diventa sempre più importante una loro comprensione.

Per prevenire lo stress lavoro correlato si può intervenire a livello organizzativo attraverso dei programmi di prevenzione nei luoghi di lavoro; e a livello individuale attraverso diverse tecniche.
Una tecnica usata in un contesto cognitivo-comportamentale è quella di tenere un "diario dello stress" attraverso il quale individuare le cause dello stress e il livello di stress che l'individuo percepisce (ad esempio annotando l'ora, il luogo, il contesto e i fattori che hanno reso l'evento stressante e le reazioni ad esso).
Ad ogni modo non bisogna sottovalutare questo tipo di stress che può essere fonte di grande disagio. Dopo aver preso consapevolezza di esso è necessario intraprendere un percorso di supporto per saperlo fronteggiare con i giusti strumenti.



Di Silvia Mauro


sabato 3 ottobre 2015

Percorsi di crescita.






Bambini e ragazzi di oggi, in risposta alle esigenze che la nuova società impone di fronte ai percorsi di crescita, sono sempre meno impegnati in contesti di socializzazione che permettono loro un confronto sociale necessario per la costruzione della propria identità.
L'utilizzo massivo dei media e di internet, hanno portato grandi cambiamenti sociali, che si riflettono inevitabilmente sui percorsi di crescita.
Inoltre i cambiamenti sociali prevedono sempre più la necessità della conoscenza dell'altro, di ciò che è diverso da noi in modo da prevenire eventuali discriminazioni ed ostracismi sociali.
Sappiamo bene come i movimenti migratori sono spesso portatori di stereotipi e pregiudizi che uniti alla paura di ciò che è diverso da noi, possono portare alla nascita di nuove forme di discriminazione e razzismo.
Questo sia come conseguenza di un'influenza sociale portata dai media che da altri contesti  di acquisizione di conoscenze, come la famiglia.
In particolar modo internet e i social network sono spesso portatori di disinformazione o informazioni  superficiali,  date dalla fruizioni di immagini e brevi didascalie che non permettono un'approfondita conoscenza dei concetti.
La fruizione di informazioni "veloci" oltre a  portare alla disinformazione, porta sempre di più a scarse capacità di attenzione e concentrazione, che portano conseguentemente ricadute sull'apprendimento.
Si può quindi intuire come uno scorretto utilizzo di internet nell'infanzia, unito alle scarse occasioni di socializzazione possano portare alla nascita di discriminazioni, a fenomeni di ostracismo sociale accompagnati a scarse capacità di relazione e di interazione sociale.
I luoghi di socializzazione, spesso sono legati a contesi scolastici o contesti didattici (lezioni di pianoforte, di inglese ecc..) in cui vi è sempre o quasi, la mediazione di un adulto che guida 
l' interazione non lasciando libertà di espressione ai bambini e ai ragazzi.
A livello sociale è importante invece permettere loro di imparare ad esprimersi ed esprimere la loro identità in modo autonomo, creando nuovi luoghi di aggregazione.
le famiglie e le scuole possono favorire tale processo lasciando i bambini liberi di esprimersi ed esprimere i loro interessi, bisogni, paure ecc...
Lasciarli "Liberi" nella crescita significa, per riprendere un concetto espresso da Bowlby nella sua teoria dell'attaccamento,che  i genitori devono essere di tipo "Free"cioè lasciar esplorare ai bambini l'ambiente, ma esserci quanto il bambino ha bisogno, e per riprendere un termine di Bion, saper raccogliere le angosce del bambino e saperle restituire bonificate. Questo permette  la crescita di bambini sicuri che riporteranno anche negli altri contesti di socializzazione le modalità di interazione che hanno appreso in famiglia, sviluppando buone competenze relazionali.
In conclusione, la famiglia, essendo il primo e più importante contesto di relazione e socializzazione, svolge un ruolo fondamentale nella mediazione e conoscenza dei nuovi cambiamenti sociali, essa deve informarsi ed essere informata per saper affiancare i percorsi di crescita dei propri figli.

Di Silvia Mauro

mercoledì 30 settembre 2015

Bullismo: cos'è e come si manifesta.


Di Silvia Mauro

Oggi il bullismo rappresenta un problema sempre più diffuso che si manifesta in modi nuovi e invadenti, come ad esempio attraverso Internet (Cyberbullismo).
Il termine bullismo deriva dall'inglese Bullyng, termine che indica un comportamento vessatorio, aggressivo e intimidatorio.
Questi comportamenti sono attuati solitamente dall'età scolare, periodo in cui si intensificano i rapporti con i pari e in cui il gruppo svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo della propria identità.
i bambini infatti a questa età, intensificano le relazioni con i coetanei e trovano in essi un confronto reale, in cui non si viene accettati aprioristicamente (come può succedere in famiglia) ma è necessario trovare delle giuste modalità di interazione per affermare la propria identità all'interno del gruppo.
I bulli, tuttavia, manifestano modalità di interazione coercitive, di imposizione della propria volontà sugli altri, non tollerano le frustrazioni date dal confronto con gli altri e l'unico modo che hanno di affermare se stessi è attraverso la forza.
Il bullismo per essere definito tale deve essere caratterizzato da azioni intenzionali (il bullo volontariamente vuole recare un danno alla vittima); queste azioni devono essere sistematiche, cioè ripetute nel tempo; e ci deve essere un'asimmetria di potere (la vittima è solitamente un bambino fisicamente più esile, con caratteristiche psicologiche "fragili").
Vorrei sottolineare inoltre, come le azioni di offesa verso la vittima possono essere  dirette (fisiche e verbali) o indirette.
Questo particolare tipo (indiretto) è caratterizzato da calunnie, isolamento sociale, pettegolezzo, coalizioni tese a svalutare la vittima. Esso è più frequente tra le femmine, mentre i maschi tendono ad usare azioni dirette fisiche o verbali.
Inoltre, esistono dei sostenitori dei bulli, che nonostante non agiscano direttamente partecipano comunque a queste azioni arrecando danno alla vittima.
Sia i bulli che le vittime, hanno alla base un problema di riconoscimento delle emozioni; i bulli spesso presentano mancanza di empatia, le vittime invece, non riescono a leggere le emozioni negative nel bullo e quindi non riescono a prevenire eventuali attacchi.
Gli atti di bullismo, come dimostrano i casi di attualità, possono diventare molto pericolosi.
Per questo è importante riconoscerli ed intervenire preventivamente a livello scolastico e familiare attraverso dei programmi di prevenzione e di educazione socio-affettiva.

martedì 29 settembre 2015

Salute e tratti di personalità





Come promesso, riprendo il tema della salute e del benessere psico-fisico.
Abbiamo visto come sia importante per il "benessere" avere determinate caratteristiche psicologiche e  risorse individuali che ci permettano di condurre una vita "felice".
Nel post precedente avevo introdotto brevemente l'argomento.
(per approfondimenti http://silviamauro.blogspot.it/2015/09/benessere-psicologico.html)
Ovviamente queste caratteristiche sono in parte innate, ma in parte apprese, quindi chiunque di voi stia pensando di non possederle, è sempre in tempo a mettere in atto delle strategie mirate al cambiamento.
Esistono, infatti, dei tratti di personalità  "protettivi" nei confronti della salute e  dei tratti definiti "personalità a rischio" in cui si è riscontrato una maggior associazione con determinate patologie.
Per quanto riguarda le personalità a rischio ne presenterò di seguito due, la personalità detta di "tipo A" e la personalità detta di "tipo C".

  •  Le personalità  di "tipo A" si caratterizza per l'elevata competitività, forte bisogno di riuscita, impazienza, irritabilità, rapidità di eloquio, movimento e ostilità e sono spesso associate a malattie coronariche (Friedman e Rosenman 1959).La rabbia e l'ostilità, in particolare, sono spesso associate a bassa longevità, questo anche perchè l'ostilità attiva il sistema nervoso simpatico la cui attività si ripercuote sul sistema cardiovascolare (Smith e Spiro, 2002).
  • La personalità definita di "tipo C" è caratterizzata dalla tendenza a reprimere le emozioni e da un alto grado di conformismo e compiacenza, essa sembrerebbe associata a diverse forme di patologia oncologica ( Miller et all. 1996).

Per quanto riguarda i "fattori protettivi" per la salute,  la coscienziosità risulta essere uno di questi. Essa è un tratto positivo in quanto permette uno stile di vita sano e longevo.
Questo è anche dovuto al fatto che le persone che presentano coscienziosità, si astengono da quei comportamenti a rischio come ad esempio l'abuso di sostanze o di alcol, hanno uno stile di vita e delle abitudini salutari e inoltre godono spesso di un riconoscimento sociale che gli permette di sviluppare una buona autostima e un'immagine positiva di sè (Bogg e Roberts 2004).
Da quanto detto risulta quindi evidente come i tratti caratteriali uniti allo stile di vita, siano dei fattori predittivi dello stato di salute.
Si può dunque giungere alla conclusione che per stare bene sia necessario avere uno stile di vita sano, dato dalle corrette abitudini alimentari, dall'attività sportiva, dall'astensione da fumo e alcol ecc..., ma che esso tuttavia derivi a sua volta dai nostri tratti di personalità, da nostri stili attributivi e cognitivi.
Allora per stare bene bisogna lavorare contemporaneamente sulle cognizioni e sui comportamenti legati ad esse.
Il lavoro psicologico può aiutare ad attuare il cambiamento per favorire la salute, esso può favorire l'acquisizione di strategie che ci potranno permettere di stare bene con se stessi, con il proprio corpo e con la propria mente.

Silvia Mauro




lunedì 28 settembre 2015

DSA e vissuti emotivi.




In questo post voglio presentarvi un tema molto attuale di cui sicuramente avrete già sentito parlare: I Disturbi specifici dell'apprendimento (DSA).
Essi sono disturbi del neurosviluppo che riguardano le capacità di lettura, scrittura e calcolo.
Oggi i DSA rappresentano uno dei problemi più rilevanti con cui si confrontano bambini e famiglie ma anche altre figure professionali come: neuropsichiatri, logopedisti, psicologi, insegnanti e altri.
Attualmente bambini in età scolare con sintomatologie che si avvicinano ai DSA sono presenti nella maggior parte delle classi primarie e si stima che vi sia una presenza di tali disturbi del 3-4% della popolazione scolastica.
Quello su cui mi voglio soffermare in questo post è il vissuto emotivo di questi bambini  e l'importanza del supporto familiare
I  bambini con DSA presentano spesso problemi emotivi legati alla rabbia, all'immagine di sé; essi hanno un alto rischio di depressione.  Questa  sofferenza psichica  si ripercuote anche sul sistema familiare.
Le reazioni dei genitori di fronte a questa diagnosi possono essere di negazione del disturbo e quindi attribuire lo scarso rendimento scolastico all'impegno non adeguato del figlio.
Oppure possono rivivere vissuti passati ( visto che i DSA sono ereditari) e quindi rivivere i propri insuccessi scolastici, scatenando forti emozioni che potranno interferire con le abilità familiari;
è importante quindi il coinvolgimento familiare nel percorso di presa in carico del bambino.
 I bambini con DSA presentano problemi emotivi legati al loro stile attributivo che tende ad essere“impotente” (“non sono portato a fare quella cosa e non ci provo neanche)” oppure  “pedina” (stile fatalistico che ritiene che le cose vadano come devono andare). I bambini con questi stili non traggono beneficio ne dai successi (attribuiti alla fortuna) ne dagli insuccessi (“non dipendono da me”).
Entrambi questi stili hanno come risultato il poco impegno e quindi la conseguenza sarà l'insuccesso.
Questi bambini presentano anche bassa autoefficacia (percezione delle proprie abilità nell'affrontare un compito) che quindi li porterà ad avere una bassa autostima e di conseguenza problemi nelle relazioni con i coetanei.
La famiglia, i servizi e la scuola dovranno lavorare proprio su questi aspetti per riuscire a prevenire i problemi legati all'autostima.
L'intervento riabilitativo deve essere condotto precocemente ( dalla scuola elementare) ed esso prevede un programma mirato che definisce le aree di intervento, gli obiettivi, i tempi e le modalità di somministrazione degli interventi, specificando anche gli operatori coinvolti.
 Inoltre, è importante che essi abbiano a disposizione  degli strumenti compensativi quali audiolibri, libri digitali, strumenti informatici ecc...che permettono un apprendimento più adeguato alle loro necessità.
Per quanto riguarda  il lavoro sulle emozioni, esso risulta necessario in particolare per prevenire eventuali fobie scolari nate dagli insuccessi scolastici e quindi favorire una visione positiva della scuola.
Può essere utile un'impostazione metacognitiva basata sull'idea che gli studenti debbano riflettere sulle proprie motivazioni e strategie per poterne trovare una loro.
In questo percorso svolge un ruolo fondamentale la famiglia.
All'interno di un contesto bio-psico-sociale, risulta fondamentale il ruolo della famiglia .
Essa, svolge un ruolo di supporto all'apprendimento scolastico, in quanto le aspettative genitoriali guidano la motivazione e quindi l'apprendimento del bambino..
La famiglia è uno strumento importante in quanto i genitori sono le persone più competenti ed informate sul proprio figlio, per questo è importante un coinvolgimento di questa nel processo diagnostico, riabilitativo e terapeutico.
Il lavoro con la famiglia sarà quello di accettazione della diagnosi in modo da essere un supporto e permettere al bambino l'accettazione e la consapevolezza per poter trovare dei suoi strumenti che gli permetteranno di compensare le sue carenze ed evidenziare i suoi punti di forza.

Di Silvia Mauro



Benessere psicologico

Voglio parlare di come sia possibile condurre una vita "positiva", in cui il raggiungimento della felicità sia possibile attraverso il benessere psicologico.
Ora, non voglio dilungarmi sul concetto di felicità, essendo questo soggettivo e sottoposto a lunghe trattazioni filosofiche.
Quindi diciamo che parlerò di benessere, inteso come percezione positiva di sè, in cui intervengono fattori Psicologici, biologici e sociali.
La psicologia positiva, ha cercato di individuare quali siano i fattori in grado di valutare la qualità della vita, e lo ha fatto secondo una prospettiva del ciclo di vita (Baltes) secondo cui l'individuo per tutta la vita va incontro a cambiamenti e ridefinizioni di sè.
Secondo questa prospettiva i cambiamenti comportano un continuo adattamento che è dato da risorse individuali ma anche dal contesto sociale e familiare in cui si è inseriti.
Dunque la psicologia positiva si interessa proprio di individuare le "virtù" che bisogna avere per affrontare in modo positivo questi cambiamenti e lo fa promuovendo le risorse, le potenzialità e le motivazioni, senza negare, tuttavia, le disfunzionalità e il disagio.
Il benessere, tuttavia, può essere soggettivo (opinioni su di sè) o oggettivo (stato di salute, ricchezza ecc..) diventa quindi difficile dare una definizione univoca di esso.
Quello su cui mi concentrerò adesso è il benessere psicologico, che risiede nelle proprie capacità di adattamento e di autorealizzazione, di spinta motivazionale, e autostima, di autoefficacia ed empowerment.
Diversi autori hanno cercato di definire delle dimensioni di benessere soggettivo, come ad esempio quelli individuati da Ryff: la crescita personale (essere aperti a nuove esperienze), L'autonomia (Capacità di resistere alle pressioni sociali), l'autoaccettazione (riconoscere e accettare le proprie qualità) le relazioni positive con gli altri, avere il dominio sull'ambiente (Senso di padronanza e di gestione del proprio ambiente) scopo di vita (avere una direzione).
Ovviamente tali fattori sono inseriti in un contesto più ampio multidimensionale di benessere, in cui intervengono fattori sociali, biologici e psicologici.
Da non dimenticare poi, come sia fondamentale uno stile di vita e delle abitudini comportamentali sane.
Ma di questo ne parlerò in modo più approfondito nel prossimo post.

Silvia Mauro

Bibliografia
De Beni R. (2009)"Psicologia dell'invecchiamento". Il mulino.

Società fluida e ripercussioni sulla nostra identità .

Oggi vorrei affrontare il tema dei cambiamenti sociali.
Questo penso sia un tema vicino a tutti giovani e non, in quanto la società moderna ha portato con se dei cambiamenti su cui tutti ci interroghiamo e che sono di discussione quotidiana in ogni contesto.
In particolare la nuova precarietà ha portato ad un cambiamento identitario che coinvolge tutti direttamente e indirettamente.
Il tema dei cambiamenti sociali è spesso oggetto di discussione, oggi infatti la società muta rapidamente richiedendo un continuo adattamento psicologico e sociale.
La globalizzazione e la grande flessibilità richiesta dalla società, hanno alimentato paure e tensioni sociali, ma anche nuove opportunità per i soggetti (come la possibilità di tenere aperte più strade contemporaneamente) e per le organizzazioni, anche se non sempre queste aperture vengono riconosciute come opportunità.
A livello organizzativo, la globalizzazione, comporta maggior competitività, concorrenza internazionale e nuove opportunità di investimento, ma a livello sociale, si sta traducendo in una crisi delle solidarietà tradizionali e della coesione sociale, con una nuova necessità di ricomposizione sociale.
Kaneklin e Gozzoli sottolineano che i concetti di confine, distanza e tempo sono sempre più evanescenti; ognuno fa parte di una comunità estesa nella quale è più facile comunicare e tutto può circolare liberamente, ma tuttavia diventa più difficile trovare un punto di riferimento.
Un esempio pratico è l'utilizzo sempre più intensivo di internet e de social network, con una conseguente illusione di essere inseriti in un contesto sociale “virtuale” che non permette di trovare dei riferimenti stabili.
Questi cambiamenti hanno come conseguenza l'aumento della paura di ciò che è sconosciuto e diverso “Altro da noi” e quindi ignoto.
La paura porta al rifiuto e quindi alla nascita di discriminazione ed episodi di razzismo.
Il sociologo Bauman, ha trattato con molta accuratezza il tema dei cambiamenti sociali, definendo la società di oggi come “Società Liquida” proprio per sottolineare la flessibilità di quest'ultima.
L'epoca passata (società solida) era caratterizzata da regole solide, sicure che comportavano vantaggi e svantaggi dati dall'eccessiva rigidità.
Oggi, la vita sociale è caratterizzata da frammentarietà; i valori, i legami sociali, le storie di vita ecc.. , assumono una consistenza duttile di una sostanza fluida.
Gli individui vivono nell'incertezza, nell'instabilità che genera piacere e angoscia allo stesso tempo.
I contesti socio-lavorativi, richiedono continui “aggiustamenti” dati da un'estrema flessibilità e adattabilità al cambiamento.
Questo implica una continua rinegoziazione dei ruoli assunti nella società con un conseguente aggiustamento della propria identità che muta insieme ad essi.
Come sappiamo la nostra identità è data da molti aspetti, tra cui quello sociale (Tajfel “identità sociale”) allora risulta evidente che un continuo cambiamento della società, implica un continuo mutamento della nostra identità.
Nella società liquida prevalgono quelle che Bertman, citato in “Vite di corsa”, ha definito “cultura dell’adesso”e “cultura della fretta” che insieme mettono in crisi anche le dimensioni costitutive più intime della personalità e del comportamento, come le aspirazioni e le potenzialità di costruirsi,  di aderire a principi e obiettivi di autoregolazione e soddisfazione, di instaurare relazioni interpersonali gratificanti e portatrici di un equilibrio emotivo non effimero.
Per alcuni soggetti, le richieste che arrivano da un nuovo contesto sociale e dal lavoro, possono rappresentare una spinta all'innovazione e al cambiamento, per altri invece risulta un percorso faticoso di continuo adattamento evidenziando quindi le loro debolezze con un conseguente ripiegamento su ciò che è rassicurante, quindi punti fermi e stabili; ciò li porta ad un ripiegamento su se stessi e all'isolamento.
Le conseguenze dei cambiamenti si ripercuotono sui soggetti, coinvolgendo l'aspetto lavorativo, familiare e individuale e tra le conseguenze più importanti ci sono l'impossibilità di prevedere e pianificare il futuro, l'impossibilità di assumere dei rischi “calcolati” e la fatica a produrre una narrazione lineare di sè e dalla propria storia, come ad esempio a livello lavorativo, dove non si trovano più carriere lineari ma carriere multiple che comportano una frammentarietà nella propria storia.
Bauman ha sottolineato che “siamo condannati a vivere in un'incertezza permanente” che è causa ed effetto di precarietà emozionale, instabilità relazionale e valoriale.
Infatti in questo scenario, anche le relazioni appaiono instabili e a “tempo determinato”; le relazioni sono investite da questo diffuso sentimento di precarietà che porta gli individui a non progettare più non solo la propria carriera ma anche le proprie relazioni, con una conseguente ricaduta sulla famiglia.
In questo contesto è importante interpretare continuamente i cambiamenti ed essere consapevoli delle conseguenze che essi hanno sulla propria identità e sulla propria storia.
É necessario sviluppare un pensiero aperto alla flessibilità, in grado di tollerare l'incertezza e dare un senso alla propria narrazione.
Può essere d'aiuto mantenere delle relazioni stabili all'interno dei gruppi (sportivi, artistici, amicali ecc..) per non sperimentare un senso di isolamento e angoscia che oggi pervade sempre di più le vite dei soggetti.
Silvia Mauro.

Bibliografia:
Kaneklin C. e Gozzoli C. (2010) “Identità adulta al lavoro e cultura della flessibilità.” In E. Marta e C. Reaglia (a cura di), “Identità in movimento. La relazione con l'altro e la costruzione di un'identità adulta alla luce di nuove sfide sociali”, Roma, Carocci.
Bauman Z. (2002). “Modernità liquida”, Roma-Bari, Laterza.

Sennet R. (1999), “L'uomo flessibile”, Milano, Feltrinelli.